Storia del Purgatorio
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La nozione del purgatorio ha radici che risalgono all'antichità. Una sorta di protopurgatorio chiamato l'Ade celeste appare negli scritti di Platone ed Eraclide Pontico, fra i molti altri scrittori pagani. Questo concetto si distingue dall'Ade degli inferi descritto nelle opere di Omero ed Esiodo. Al contrario, l'Ade celeste era inteso come un luogo intermedio dove le anime trascorrevano un tempo determinato dopo la morte prima di passare a un livello superiore di esistenza o di reincarnarsi di nuovo sulla terra. La sua posizione esatta variava da autore ad autore. Eraclide del Ponto pensava che fosse nella Via Lattea; gli accademici, gli stoici, Cicerone, Virgilio, Plutarco, gli scritti ermetici lo collocavano tra la Luna e la Terra o attorno alla Luna; mentre Numenio e i neoplatonici latini pensavano che si trovasse tra la sfera delle stelle fisse e la Terra.[1]
Negli ultimi secoli antecedenti la nascita di Cristo, lo stato intermedio è entrato nel pensiero religioso ebraico, forse sotto l'influenza del pensiero ellenistico. Fra i Maccabei troviamo la pratica della preghiera per i defunti in vista della loro purificazione dopo la vita, pratica accettata da alcuni cristiani. La stessa pratica appare in altre tradizioni, come la pratica buddhista cinese medievale di fare offerte in favore dei morti, che si dice subiscano numerose prove.[2] Tra le altre ragioni, l'insegnamento cattolico del purgatorio si basa sulla pratica precristiana (giudaica) della preghiera per i morti.[3] Descrizioni e dottrina sul purgatorio si sono sviluppate nel corso dei secoli.[4] I cristiani cattolici romani che credono nel purgatorio interpretano passaggi come 2 Maccabei 12:41–46[5], 2 Timoteo 1:18[6], Matteo 12:32[7], Luca 16:19–16:26[8], Luca 23:43[9], 1 Corinzi 3 :11–3:15[10] ed Ebrei 12:29[11] a sostegno della tesi per la quale sia necessario pregare a favore delle anime del Purgatorio e che queste vivano in uno stato intermedio attivo, immerse in un fuoco purificatore (talora interpretato come analogia o come allegoria) fino al momento del loro ingresso in Paradiso.[2]
I primi cristiani non svilupparono convinzioni coerenti e universali sullo stato provvisorio.[12] A poco a poco, i cristiani, specialmente in Occidente, si interessarono alle circostanze dello stato provvisorio tra la propria morte e la futura risurrezione. I cristiani sia dell'est che dell'ovest iniziarono a pregare per i morti in questo stato provvisorio, sebbene i teologi dell'est si fossero astenuti dal definirlo un luogo fisico con un nome proprio e distinto.[12] Agostino d'Ippona operò una distinzione tra il fuoco purificatore che salva e il fuoco eterno che consuma gli impenitenti. Gregorio Magno stabilì un nesso tra la penitenza terrena e la purificazione dopo la morte. La festività di Ognissanti, istituita nel X secolo, rivolse l'attenzione popolare alla condizione delle anime defunte.[2]
Solamente alla fine dell'XI secolo, l'idea del Purgatorio come luogo fisico -al pari del Paradiso e dell'Inferno- divenne parte dell'insegnamento cattolico romano.[13] I teologi medievali conclusero che le punizioni del purgatorio consistessero in un fuoco materiale. La formulazione occidentale del purgatorio si rivelò un punto critico nel Grande Scisma tra Oriente e Occidente. La Chiesa cattolica romana crede che i vivi possano aiutare coloro la cui purificazione dai loro peccati non è ancora completata non solo pregando per loro, ma anche ottenendo indulgenze per loro[14] come atto di intercessione.[15]
Nel tardo Medioevo, ciò diede luogo allo scandalo delle indulgenze[15] per la ricostruzione della Basilica di San Pietro a Roma. Questi abusi furono uno dei fattori che portarono alla Riforma protestante. La maggior parte delle religioni protestanti rifiutava l'idea del purgatorio poiché era in conflitto con la teologia protestante della "Salvezza per sola grazia" (Efesini 2:4–9[16]). Il canone biblico di Lutero escludeva i libri deuterocanonici. I teologi cattolici moderni hanno ammorbidito gli aspetti punitivi del purgatorio ed enfatizzato invece la disponibilità dei morti a sottoporsi alla purificazione come preparazione alla felicità del cielo.[2]
Lo studioso anglicano inglese John Henry Newman sostenne, in un libro che scrisse prima di diventare cattolico, che l'essenza della dottrina sul purgatorio è individuabile nella tradizione antica e che la coerenza fondamentale di tali credenze è la prova che il cristianesimo è stato «dato a noi dal cielo fin dalle origini».[17]