Scottsboro Boys
caso di errore giudiziario condizionato da razzismo / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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Gli Scottsboro Boys[1] furono nove adolescenti afroamericani accusati in Alabama di violenza sessuale - mai commessa - nei confronti di due giovani prostitute bianche su un treno nel 1931. La serie storica di casi legali prodotta a partire da questo incidente si concentrò principalmente sul razzismo e sul diritto ad ottenere un equo processo; ciò comprese anche una folla predisposta al linciaggio prima ancora che i sospettati venissero formalmente accusati, le giurie composte esclusivamente da bianchi e le distruzioni connesse alle violenze razziali che ne seguirono. Viene comunemente citato come un clamoroso errore giudiziario e un "aborto di giustizia" all'interno del diritto degli Stati Uniti d'America.
Il 25 marzo 1931 due dozzine di Hobo si trovarono su un treno merci che stava viaggiando da Chattanooga a Memphis; erano per metà afroamericani e per metà bianchi. Il gruppo di ragazzi bianchi tentò di spingere il diciottenne nero Haywood Patterson fuori dal treno, sostenendo che quello era un "convoglio riservato ai bianchi"[2]; armatisi di pietre tentarono di scacciare i neri, ma incontrarono una strenua resistenza. Umiliati, i ragazzi bianchi scesero e si recarono immediatamente dallo sceriffo affermando che erano stati aggrediti da un gruppo di "negri".
Il tutore dell'ordine istituì un Posse comitatus il quale si mise a cercare il treno; lo rintracciarono a Paint Rock e quivi arrestarono gli adolescenti neri. Due giovani donne bianche appena scese dal treno accusarono il gruppo di stupro. Il caso venne aperto per la prima volta a Scottsboro; ne seguirono tre processi sommari ove gli imputati ricevettero un'assai carente rappresentanza legale (una eccezione tra le tante).
Tutti e nove, tranne il dodicenne Roy Wright[3], vennero condannati alla pena di morte[4]; questa era la pena comune in quel momento in Alabama inflitta agli uomini neri condannati per aver "violato" una donna bianca[5]. Vi furono peraltro prove mediche le quali suggerirono che in realtà quel delitto non fosse mai stato commesso[6].
Con l'aiuto del Partito Comunista degli Stati Uniti d'America e della National Association for the Advancement of Colored People il caso venne condotto in appello. La Corte suprema statale confermò sette delle otto condanne, mentre concesse al tredicenne Eugene Williams il diritto a un nuovo processo in quanto minore. Il Chief Justice John C. Anderson però si dissociò in toto, asserendo che agli imputati fossero stati negati un processo equo, una giuria imparziale, una sentenza giusta e una difesa efficace.
Nel frattempo gli otto attesero lo sviluppo degli eventi nella prigione minorile di Kilby. Per ben due volte venne sollecitata la Corte suprema degli Stati Uniti, il che portò a decisioni importanti per quanto concerneva la raccolta delle prove e lo svolgimento dell'intero procedimento: nella sentenza Powell contro Alabama (1932) venne ordinata la ricerca di ulteriori prove e pertanto l'apertura di un nuovo processo[7].
Venne permesso uno spostamento di sede a Decatur e venne nominato il giudice James Edwin Horton. Nel corso di questo secondo processo una delle due presunte vittime ammise di essersi inventata di sana pianta tutta la storia dello stupro e affermò che nessuno dei ragazzi neri avesse mai toccato lei e la sua amica. La giuria però accusò i difensori di corruzione e il giudice annullò il verdetto, concedendo così un terzo processo.
Il giudice fu sostituito e il nuovo giudice si schierò frequentemente contro la difesa. Per la terza volta la giuria - questa volta composta anche da un afroamericano - consegnò un verdetto di colpevolezza. Il caso venne rinviato alla Corte suprema statunitense in occasione del ricorso; questa volta venne stabilito che gli afroamericani dovessero essere inclusi nella giuria e ordinò l'ennesima ripetizione processuale[8]. Le accuse vennero infine ritirate per altri quattro dei ragazzi coinvolti. Le sentenze per i restanti andarono dai 75 anni di carcere alla morte e furono notificate in carcere.
Tutti i prigionieri vennero liberati o evasero entro il 1946. A uno di loro fu sparato mentre veniva scortato in prigione da un sostituto dello sceriffo e rimase permanentemente disabile. Due riuscirono a fuggire e successivamente vennero accusati di altri reati, condannati e rimandati in prigione.
Clarence Norris, il più anziano del gruppo nonché l'unico condannato a morte nel processo conclusivo, ottenuta la liberazione condizionale per buona condotta nel 1946 si rese latitante. Rintracciato solo trent'anni dopo ottenne l'indulto da parte del governatore del Partito Democratico George Wallace, in quanto oramai il caso era stato analizzato in modo approfondito dimostrandone l'ingiustizia di fondo. Norris scrisse in seguito un libro sulle sue esperienze. L'ultimo sopravvissuto tra gli imputati è morto nel 1989.
I "ragazzi di Scottsboro", così come vennero conosciuti, furono difesi da molti nel Nord e altrettanto attaccati da molti nel Sud. Ai giorni nostri il caso è ampiamente considerato come un palese e ripetuto "aborto di giustizia", evidenziato soprattutto dall'uso di giurie esclusivamente bianche. Gli afroamericani in Alabama subirono la segregazione razziale e la perdita dei diritti civili sin dalla fine del XIX secolo e non vennero altresì accettati come membri delle giurie popolari.
Il caso è stato approfondito in molte opere di letteratura, musica, teatro, film, televisione. Il 21 novembre 2013 il "Parole board" dell'Alabama ha votato per concedere il perdono postumo ai tre ragazzi di Scottsboro che non furono mai assolti ufficialmente o i cui verdetti di colpevolezza non vennero annullati[9].