Isolamento detentivo
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L'isolamento detentivo è una forma di reclusione in cui una persona detenuta vive in un'unica cella con pochi o nessun contatto con altre persone. Si tratta di uno strumento punitivo utilizzato all’interno del sistema carcerario per disciplinare o separare gli individui detenuti che sono considerati rischiosi per la sicurezza di altri individui detenuti o del personale carcerario, nonché a coloro che violano le regole della struttura o sono ritenuti disturbanti[1][2]. Tuttavia, può anche essere utilizzato come custodia protettiva per individui detenuti la cui sicurezza è minacciata da altri detenuti. Viene utilizzato per separarli dalla popolazione carceraria generale e prevenire lesioni o morte[3].
Un numero corposo di ricerche ha dimostrato che l’isolamento ha profondi effetti psicologici, fisici e neurologici negativi su coloro che lo sperimentano, spesso durando ben oltre il tempo trascorso in isolamento[4]. Sebbene i funzionari penitenziari abbiano affermato che l'isolamento è uno strumento necessario per mantenere la sicurezza e l'incolumità delle carceri[5], numerose organizzazioni professionali mediche, di salute mentale e legali hanno criticato la pratica e sono del parere che dovrebbe essere drasticamente ridotto[6][7][8].
Nelson Mandela, l’attivista sudafricano anti-apartheid, descrisse l’isolamento come “l’aspetto più ostile della vita carceraria”[9]. Esperti di diritti umani hanno affermato che l’isolamento prolungato può equivalere a tortura[10], e le norme minime standard delle Nazioni Unite per il trattamento dei prigionieri (note come Regole Mandela) sono state riviste nel 2015 per vietare l’isolamento per periodi più lunghi di 15 giorni[11].