Ferdinando II di Napoli
re di Napoli (1467-1496) / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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Ferdinando Trastámara d'Aragona, meglio noto come Ferrandino (Napoli, 26 giugno 1467 – Napoli, 7 ottobre 1496), fu re di Napoli dal 23 gennaio 1495 fino alla sua morte[4].
Ferdinando II di Napoli | |
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Medaglia raffigurante Ferrandino (Adriano Fiorentino, 1494 circa) | |
Re di Napoli | |
In carica | 23 gennaio 1495 – 7 ottobre 1496[1] |
Predecessore | Alfonso II |
Successore | Federico I |
Altri titoli | Principe di Capua (1467-1494) Duca di Calabria (1494-1495) |
Nascita | Castel Capuano, Napoli, 26 giugno 1467 |
Morte | Castel Capuano, Napoli, 7 ottobre 1496 (29 anni) |
Luogo di sepoltura | Sacrestia di San Domenico Maggiore[2] |
Casa reale | Trastámara-Napoli |
Padre | Alfonso II di Napoli |
Madre | Ippolita Maria Sforza |
Consorte | Giovanna d'Aragona |
Religione | Cattolicesimo |
Motto | natvra non artis opvs[3] |
Fu sovrano magnanimo, capace e generalmente molto amato dai propri sudditi e dagli alleati per le proprie virtù. Fin dalla prima giovinezza si trovò a difendere il regno di Napoli con le armi, nel corso della seconda congiura baronale e poi durante la prima discesa dei francesi in Italia. Fu in questo contesto che il padre Alfonso II decise di abdicare in suo favore, nella speranza di rimediare alle proprie infauste scelte politiche, che comunque gli causarono la perdita del regno. Grazie all'uso delle armi e al sostegno degli alleati, Ferrandino riuscì in breve tempo a riconquistarlo ma, stanco delle molte fatiche della guerra e colpito da una grave malattia, morì subito dopo, all'età di 29 anni, con grande dolore dei propri sudditi e compianto dall'Italia intera.[5][6]
"Uomo di vera bellezza, d'indomito coraggio, sì che parve nato per la lotta, e tuttavia amante della cultura e della musica e, per la dolcezza dell'animo, ben diverso da suo padre, fu sovrano effettivamente amato dal popolo" (Nino Cortese).[7]
"Questo principe pieno di una pietà illuminata cercò di procurare tranquillità e benessere ai suoi popoli, tanto che aspirava ad essere chiamato più che re, padre dei suoi sudditi" (Niccola Morelli).[8]