Donazione di cosa altrui
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In base all’art. 769 c.c. la donazione è «il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un'obbligazione». Si possono distinguere quattro tipi di donazione:
- la donazione reale costitutiva, che ha ad oggetto la costituzione ex novo senza corrispettivo di un diritto reale di godimento (come ad esempio accade nel caso del pieno proprietario che doni l’usufrutto);
- la donazione reale traslativa, che ha ad oggetto il trasferimento a titolo gratuito di un diritto reale di godimento già esistente nel patrimonio del donante;
- la donazione liberatoria, con la quale il donante libera il donatario da un obbligo non ancora adempiuto e che rientra nella espressione generica “disposizione di un diritto” utilizzata dal legislatore nell’art. 769;
- la donazione obbligatoria, con la quale il donante assume gratuitamente un’obbligazione.
Consolidata giurisprudenza[1] ritiene che la donazione si caratterizzi per la necessaria compresenza di due elementi:
- L'elemento soggettivo, cioè l’animus donandi, consistente nella consapevolezza in capo al donante di arrecare ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi in alcun modo costretti;
- L'elemento oggettivo, costituito dal contemporaneo arricchimento di un soggetto, il donatario, e dal depauperamento di un altro, il donante. Secondo un primo orientamento l’animus donandi sarebbe correlato alla causa del contratto, venendo a identificarsi con la stessa.
Questa è la c.d. teoria soggettiva, che ha sostenitori tutt’ora sia in dottrina sia in giurisprudenza.[2]
Prevale nettamente la tesi (teoria oggettiva)[3] in base alla quale la causa della donazione è tipica e va ravvisata nell'obiettivo impoverimento del donante e nel conseguente arricchimento del donatario. Viceversa, l'elemento soggettivo dell'animus donandi non rientrerebbe nella causa, ma atterrebbe alla volontà del negozio.
È noto che la causa deve essere distinta dai motivi, che sono giuridicamente irrilevanti, ad eccezione delle ipotesi espressamente previste per legge: Motivo erroneo (art. 787 c.c.); motivo illecito (art. 788 c.c.); motivo di liberalità (art. 770 comma 2 c.c.).