Traiano nell'eredità storica culturale
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Un esempio di cosa abbia significato Traiano nell'eredità storica culturale dell'Impero romano, e per buona parte di quella dell'Impero bizantino, è il saluto augurale che ogni nuovo imperatore dopo di lui riceveva dal Senato:
«Felicior Augusto, melior Traiano[1]»
«Possa tu essere più fortunato di Augusto e migliore di Traiano»
Lo stesso senato, ad appena due anni dalla assunzione a imperatore nel 100 d.C., per la prima volta nella storia romana, gli conferì l'appellativo di "Optimus"[2], un titolo che Roma riservava a personaggi eccelsi come al nume tutelare dello Stato romano: Giove Ottimo Massimo, ma che il princeps non volle, per diversi anni, che fosse inserito fra i suoi titoli ufficiali.[3]. Traiano accettò solo nel 114 il titolo di "optimus" e ben volentieri perché si riferiva non tanto alle sue imprese militari quanto alle sue qualità morali che lo rendevano vicino a Iuppiter Optimus Maximus: lo stesso dio che, secondo una leggenda posteriore, sotto l'aspetto di un essere gigantesco, nel 115 lo aveva salvato da un terremoto ad Antiochia[4]: avvenimento questo ricordato nella monetazione del 115 come «Giove salvatore del padre della patria». Naturalmente non tutti i sudditi del princeps condividevano l'elogio come gli ebrei che, combattendo lui e i suoi dei, lo chiamarono sprezzantemente «Trogianus il malvagio»[5].
Alla sua morte, Traiano (117) venne deificato dal Senato e non fu sepolto, secondo la legge, all’esterno del Pomerium, il limite sacro della città, ma le sue ceneri furono deposte in un’urna d’oro entro la base della Colonna Traiana, nel cuore di Roma. Con lui fu poi sepolta l'epicurea Plotina, sua unica moglie, cui fu fedele per tutta la vita.[6] Fu divinizzata assieme alla sorella dell'imperatore, Ulpia Marciana ed entrambe con il titolo di "Augusta"[7] ricevettero culti pubblici.[8]