Schiavitù nell'antica Grecia
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La schiavitù era una pratica molto comune nell'antica Grecia. Si stima che la maggioranza dei cittadini ateniesi possedesse almeno uno schiavo. La maggior parte degli antichi scrittori ritiene infatti che solo con un così massiccio numero di schiavi si potesse garantire il funzionamento economico di ogni città. Questo modello di società, messo in discussione già nei dialoghi socratici, fu condannato per la prima volta dagli stoici.[2]
La moderna storiografia tende a distinguere due tipi di schiavitù: la schiavitù personale, in cui lo schiavo è un individuo privato della propria libertà e sottomesso al volere di un padrone, che in qualsiasi momento può deciderne la vendita o la cessione; la schiavitù legata alle terre, tipica dei penesti della Tessaglia e degli iloti di Sparta.
Gli studi accademici riguardanti la schiavitù nell'antica Grecia sono spesso circondati da alcuni problemi metodologici. La documentazione è molto disunita e frammentaria, anche quella riguardante Atene. Nessun trattato fu destinato alla schiavitù, se non per esaltarne i grandi potenziali economici. Commedie e tragedie rappresentano fonti quasi del tutto inattendibili perché scritte sulla base di stereotipi, mentre l'iconografia non fa alcuna distinzione tra schiavi e artigiani, dato che per i Greci «entrambi lavorano per soddisfare i bisogni altrui e non i propri; dipendono da altri per la loro sussistenza; pertanto non sono più liberi».[3]