Continuità statale dei Paesi baltici
continuità delle tre repubbliche di Estonia, Lettonia e Lituania / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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La continuità statale dei paesi baltici[1] sta ad indicare la non soppressione delle tre repubbliche come entità legittime ai sensi del diritto internazionale[2] mentre risultavano sotto il dominio sovietico e l'invasione tedesca dal 1940 al 1991. L'opinione prevalente accetta la tesi secondo cui si fosse di fronte a un'occupazione e le azioni dell'URSS risultassero contrarie alle normative sovranazionali, oltre che ai trattati bilaterali stipulati tra l'URSS e gli Stati baltici.[3] In estrema sintesi, secondo questa teoria, Estonia, Lettonia e Lituania non nacquero ex novo nel 1991, ma semplicemente ripresero a operare in maniera autonoma.
Un simile punto di vista è stato riconosciuto dalla maggior parte delle potenze occidentali e si è riflettuto nelle attività intraprese dai governi che operavano in esilio o nelle ambasciate straniere[4] (e dunque, secondo tale teoria, a maggior ragione non scomparsi agli occhi del mondo).[5][6] L'applicazione della Dottrina Stimson ai sensi della Dichiarazione di Welles,[7] abbracciata da chi considerava l'annessione effettuata dall'URSS nel 1940 non genuina e avvenuta ricorrendo alla forza, frammentò la comunità globale tra chi considerava i tre stati ormai assorbiti completamente all'Unione Sovietica e chi riteneva che de iure esistessero ancora.[8] In particolare, secondo quest'ultima versione, poiché la sovranità non era mai appartenuta in maniera legittima a Mosca, il 1991 deve essere considerato come l'anno in cui Estonia, Lettonia e Lituania ricominciarono ad esistere e potevano annullare tutte le normative emesse in epoca sovietica, in quanto l'incorporazione era avvenuta secondo procedure incostituzionali.[8]
La posizione ufficiale della Federazione Russa procede in sintonia con la tradizionale posizione della storiografia sovietica, secondo cui Estonia, Lettonia e Lituania non furono annesse dall'Unione Sovietica, ma proposero di unirsi di propria iniziativa nel 1940.[9] Mosca insiste sul fatto che l'incorporazione degli Stati baltici ottenne il riconoscimento internazionale de iure in virtù degli accordi conclusi nelle conferenze di Jalta e Potsdam e dagli accordi di Helsinki.[10][11] Si è altresì sostenuto che, in conformità alle leggi e alla costituzione sovietiche delle repubbliche socialiste, il ripristino dell'indipendenza era avvenuto secondo una procedura illegittima, poiché esso poteva aversi solo tramite leggi di secessione apposite concesse dall'URSS.[12] Sempre secondo questa posizione, tutte le intese precedenti, come il trattato di Tartu,[13] sono prive di valore giuridico, allo stesso modo di tutte le richieste di risarcimento effettuate da parte degli Stati baltici.[14][15] Una simile differenza di prospettive tra le due versioni non ha contribuito a rendere più vicine le parti sul tema storico.[16][17]
La questione è anche stata affrontata da giuristi: il principio giuridico ex iniuria ius non oritur (il diritto non può scaturire da atti ingiusti) differisce dal principio in apparenza simile dell'ex facto oritur ius (il diritto nasce dal fatto).[4] Da un lato, il riconoscimento legale dell'incorporazione del Baltico da parte di altre nazioni sovrane al di fuori del blocco orientale è stato in gran parte negato sulla base del secondo principio giuridico sopraccitato, poiché l'annessione degli Stati baltici era ritenuta ab initio illegale.[18] Va comunque tenuto presente che l'interruzione de facto della statualità,[19] dovuta allo stazionamento di una potenza straniera per circa mezzo secolo,[4] si è effettivamente verificata e ha gettato le basi perché si potesse applicare la massima dell'ex facto ius oritur.[4] In uno scenario già oltremodo intricato, la requisizione di alcuni territori (si pensi alla contea di Petseri, a Ivangorod, al distretto di Abrene e all'Oblast' di Kaliningrad) e i cambiamenti demografici avvenuti nel corso del secondo dopoguerra rendono il caso baltico molto più complesso di una mera controversia in cui potrebbe essere effettuata una restitutio in integrum (un ripristino - in questa situazione specifica - dell'integrità territoriale).[20]